Il Papa: «Sguardo nuovo sulla famiglia Oltre all’annuncio, vicino alle fragilità»

di Luciano Moia

In un tempo e in una cultura profondamente mutata, «oggi è necessario uno sguardo nuovo sulla famiglia da parte della Chiesa». L’ha detto papa Francesco ieri, nel messaggio inviato per l’inaugurazione dell’Anno speciale della famiglia voluto dal Pontefice stesso nel quinto anniversario dell’Esortazione apostolica Amoris laetitia, una ‘rilettura’ del documento uscito dal doppio Sinodo sulla famiglia, che dovrà accompagnare la Chiesa fino alla celebrazione della X Giornata Mondiale delle Famiglie, prevista a Roma a partire dal 26 giugno 2022. Si tratta di un impegno straordinario di rinnovamento che punta a diffondere un nuovo modello pastorale, al di là delle resistenze alla proposta di Amoris laetitia che si sono registrate in non poche comunità. Ma la volontà del Papa è chiara, occorre andare avanti.

E ieri l’ha rilanciato con forza: «Non basta ribadire il valore e l’importanza della dottrina, se non diventiamo custodi della bellezza della famiglia e se non ci prendiamo cura con compassione delle sue fragilità e delle sue ferite». Una svolta coraggiosa ma inevitabile che dovrà tenere presenti due aspetti, cuore di ogni pastorale familiare: «La franchezza dell’annuncio evangelico e la tenerezza dell’accompagnamento».

L’annuncio innanzi tutto, cioè una Parola che aiuti le famiglie «a cogliere il senso autentico della loro unione e del loro amore, segno e immagine dell’amore trinitario e dell’alleanza tra Cristo e la Chiesa» e contribuisca a «liberare le relazioni umane dalle schiavitù che spesso ne deturpano il volto e le rendono instabili: la dittatura delle emozioni, l’esaltazione del provvisorio che scoraggia gli impegni per tutta la vita, il predominio dell’individualismo, la paura del futuro».

Ma questo annuncio – ha osservato ancora il Papa – non può e non deve mai essere dato dall’alto e dall’esterno». Occorre immergersi nella vita reale, conoscere da vicino «le fatiche quotidiane degli sposi e dei genitori, i loro problemi, le loro sofferenze, tutte quelle piccole e grandi situazioni che appesantiscono e, talvolta, ostacolano il loro cammino». È la concretezza dell’amore quotidiano – titolo anche dell’incontro in cui ieri è stato inaugurato l’Anno della famiglia al Pontificio Istituto teologico ‘Giovanni Paolo II‘ – significa valorizzare «l’amore generato dalla semplicità e dall’opera silenziosa della vita di coppia, da quell’impegno giornaliero e a volte faticoso portato avanti dagli sposi, dalle mamme, dai papà, dai figli». Perché è indispensabile tenere insieme l’annuncio e un accompagnamento capace di abbracciare vulnerabilità e cadute? Perchè «un Vangelo che si proponesse come dottrina calata dall’alto e non entrasse nella “carne” di questa quotidianità – ha spiegato il Pontefice – rischierebbe di restare una bella teoria e, talvolta, di essere vissuto come un obbligo morale».

Nessuna imposizione, quindi, ma un impegno rinnovato per costruire una pastorale familiare che – ha sintetizzato il Papa ricorrendo a un’immagine molto efficace – sappia «mettersi al servizio della felicità» delle famiglie, nella consapevolezza che i legami familiari hanno un fondamento trinitario.
«Quando la famiglia vive nel segno di questa Comunione divina, che ho voluto esplicitare nei suoi aspetti anche esistenziali in Amoris laetitia – ha proseguito – allora diventa una parola vivente del Dio Amore, pronunciata al mondo e per il mondo».

Anche in questo caso non si tratta di immaginare obiettivi eroici, ma rispettare la grammatica delle relazioni familiari – coniugalità, maternità, paternità, filialità e fraternità – che sono la via «attraverso la quale si trasmette il linguaggio dell’amore, che dà senso alla vita e qualità umana ad ogni relazione». Parole, certo, ma anche di modi di essere, sguardi, gesti, tempi, spazi. Tutto importante, tutto da osservare con cura e con rispetto, perché «in tale ambito avviene anche la trasmissione della fede tra le generazioni». Anche conflitti e difficoltà vanno inquadrati in quella quotidianità, in quella vita concreta della famiglia che la Chiesa deve promuovere e proteggere. Sono quei legami familiari che, anche in questo tempo di pandemia, pur duramente provati, «rimangono il punto di riferimento più saldo, il sostegno più forte, il presidio insostituibile per la tenuta dell’intera comunità umana e sociale».

(Avvenire – 20 marzo 2021)