Il Jp2 in India: Teoria e pratica della famiglia

di Arnaldo Casali

“L’India è molto diversificata sotto il profilo religioso, ma le problematiche della famiglia uniscono tutte le confessioni. Non a caso nel nostro Istituto vengono a studiare non solo i cristiani, ma anche gli induisti e i musulmani”.

La sezione indiana dell’Istituto Giovanni Paolo II nasce ufficialmente nel 2001, anche se il primo corso risale al 1998, quando si trattava ancora solo di un centro associato.

La sezione appartiene alla chiesa siro-malabarese, un rito nato in India che fa risalire le proprie origini all’apostolo Tommaso, il quale, secondo la tradizione – partendo dalla Mesopotamia, dove aveva fondato la prima comunità cristiana – arrivò via mare in India nell’anno 52 d.C.

Il Jp2 in India è caratterizzato dall’unione di teoria e pratica: all’insegnamento accademico affianca infatti anche l’accoglienza concreta delle famiglie, attraverso il centro Cana, che ha varato recentemente il progetto “Missione domestica”.

“È una nuova modalità di evangelizzazione per rafforzare la famiglia” spiega suor Nithya: “Una combinazione di consulenza, visite alle famiglie, ritiro, preghiera e celebrazione eucaristica, riflessione sulla Parola di Dio e rafforzamento della comunione e delle relazioni tra le famiglie di una parrocchia”. “È un’occasione per conoscere da vicino le famiglie – aggiunge la religiosa – e rendersi conto più intimamente dei bisogni di ciascuna di esse, consigliare le persone emotivamente disturbate, mediare per risolvere i loro problemi, rafforzarle nel proprio impegno cristiano”.
Viene fornito un aiuto continuo alle famiglie con problemi spirituali, relazionali, educativi ed economici: “La riconciliazione tra i membri della famiglia in conflitto, il rinnovamento personale e familiare nella vita con la Chiesa, il miglioramento dei bambini nello studio e nel comportamento sono i grandi risultati di questo servizio”.

Padre Jacob Kopailly è arrivato a Roma nel 1997, nel 2002 ha completato i suoi studi al Giovanni Paolo II in Laterano ed è tornato in India, dove ha prestato servizio prima come docente, poi come decano e oggi come vicepreside della sezione di Changanacherry, nel Kerala.

“In India i cristiani rappresentano solo il 2,5% della popolazione, dopo induismo e islam, anche se in Kerala raggiungono il 33%” spiega Kopailly. “Alcune problematiche, come divorzio e aborto, ci accomunano però alle altre confessioni. Per questo per difendere la famiglia svolgiamo un’importante opera di dialogo interreligioso”.

Cosa accumuna e cosa divide le religioni riguardo alla famiglia?

“La struttura induista è interessante: hanno diversi rituali legati al matrimonio. L’importanza della fedeltà e la totalità dell’amore sono però concetti nuovi per la loro cultura. Per questo noi cattolici abbiamo molto da imparare e molto da insegnare. Penso che sarebbe importante, anche a Roma, studiare la famiglia nelle varie religioni. Devo dire che da noi abbiamo svariati iscritti di fede induista al diploma e credo che il nostro sia l’unico istituto dove vengono a studiare esponenti di varie religioni e di varia provenienza. Oltre a studenti che arrivano da tutte le parti dell’India, ne abbiamo anche molti che seguono i corsi online dall’Africa anglofona”.

Il vostro istituto ospita anche un Centro di promozione della famiglia.

“Il Centro offre la possibilità alle famiglie in difficoltà di abitare con noi, ma anche di avere una consulenza per poi tornare a casa con la letizia dell’amore. E’ bellissimo vedere persone che grazie al nostro aiuto riescono a risolvere i loro problemi e tornare alla pace”.

Quali sono le principali emergenze legate alla famiglia in India?

“Le problematiche delle famiglie sono le stesse in tutto il mondo: la differenza sta nella cultura con cui vengono affrontate. La nostra ci aiuta molto a supportare le famiglie perché nelle nostre parrocchie la pastorale familiare è forte: riusciamo ad affrontare le criticità prima che diventino troppo gravi, e questa è una cosa che in Europa è molto più difficile da fare. Nello specifico, una grande piaga è quella dell’alcolismo, ma ci sono molte questioni legate anche al modo in cui è cambiata la maternità: di fatto prima c’era un rapporto stretto tra i bambini e le proprie madri, mentre il lavoro femminile sta generando maggiori distanze, producendo nuove problematiche. Anche l’influenza dei media e di internet crea preoccupazione”.

Queste problematiche sono condivise dalle altre religioni?

“In gran parte sì, non a caso nei nostri uffici lavorano insieme cristiani, musulmani e induisti, anche se devo dire che nell’Islam la famiglia è più forte, mentre tra i cattolici e gli indù è molto più fragile. Le nostre famiglie stanno affrontando il problema della solitudine, mentre i musulmani hanno famiglie numerose e vivono tutti insieme; hanno un fortissimo senso della comunità. Non a caso noi diciamo sempre che se arrivano due famiglie di musulmani, in breve tempo ne arriveranno altre venti”.

Questo sviluppo crea conflitti?

“In Kerala viviamo una relativa pace: cristiani, musulmani e induisti convivono pacificamente, perché i cattolici sono identificati soprattutto con l’accoglienza e la carità. La maggior parte delle chiese, università, ospedali, orfanotrofi e ospizi sono gestiti dai cattolici. Nel nord dell’India, invece, c’è molto fanatismo da parte degli induisti e i cristiani vengono accusati di proselitismo. Ma anche il fanatismo islamico è un problema che sta crescendo, anche perché si porta dietro a sua volta una forma di proselitismo, che vede i ragazzi induisti e cristiani convertiti all’islam e spediti in Siria per entrare nell’Isis”.

L’incontro con papa Francesco dello scorso 24 ottobre come segna il futuro del Jp2?

“Il Papa ha detto che noi non siamo profeti di sventura, ma profeti di speranza: la famiglia è una realtà, non un’ideologia, e la realtà vive nella concretezza. Ci sono problemi nelle famiglie ma se aiutiamo la famiglia possiamo vivere la realtà del paradiso qui sulla Terra. Se la famiglia è forte la società è forte, se la famiglia è buona gli uomini sono buoni; quindi la famiglia è sempre un Vangelo”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(da Avvenire del 5 marzo 2023) – scarica il pdf