A nessuno può essere negata la benedizione

La benedizione non mira a riconoscere un particolare stile di vita, ma è piuttosto un modo di manifestare il bene che Dio vuole per l’umanità.

A spiegarlo monsignor Philippe Bordeyne, preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia e rettore del prestigioso Istituto Cattolico di Parigi dal 2011 al 2021, in un’intervista rilasciata a Clemence Houdaille per La Croix.

Dare una benedizione significa necessariamente approvare una pratica?

“Non credo sia corretto parlare di una valutazione o un’approvazione insiti nella benedizione. La benedizione è una preghiera indirizzata a Dio, per lodare Dio, per chiedere a Dio aiuto e protezione. Riguarda le persone, ed eventualmente, gli oggetti nella loro relazione con le persone. Ma il suo compito non è quello di approvare una pratica. Benedire, invece, significa manifestare il bene che Dio “dice” delle persone, che Dio vuole per loro. Nel linguaggio quotidiano dire “è giusto” o “è sbagliato” significa giudicare. Ma nella Bibbia, quello che è buono viene prima di quello che è giusto: “Dio vide che era cosa buona” si legge nel primo capitolo della Genesi”.

Una nota del Dicastero per la Dottrina della Fede pubblicata lo scorso anno, però, dichiara “illecita ogni forma di benedizione che tende a riconoscere le unioni degli omosessuali”.

“La richiesta di una benedizione può contenere una richiesta di riconoscimento rivolta alla comunità o all’istituzione. In questo caso, assume la dimensione di un appello, una protesta, o addirittura di una rivendicazione. Si chiede a Dio quello che non si è riusciti a ottenere dalla Chiesa.  Nel Vangelo, il cieco Bartimeo viene rimproverato dai discepoli che gli dicono di stare zitto quando implora Gesù: “Figlio di David, abbi pietà di me”. L’atteggiamento di Gesù costringe i discepoli alla conversione “Coraggio, alzati, ti sta chiamando”. Dietro la richiesta di una benedizione, c’è spesso la stessa sete di inclusione”.

A parte questa richiesta di riconoscimento di uno stile di vita, è dunque legittima la richiesta di una benedizione?

“Nessuno può essere privato della benedizione di Dio. Come ogni vera preghiera, la benedizione ci invita a riconoscere la nostra fragilità. E’ esattamente l’opposto di un processo di auto-approvazione. Lo vediamo nella parabola del pubblicano e del fariseo. Quest’ultimo è impegnato in un processo di auto-giustificazione: “Io sono migliore degli altri” mentre il pubblicano implora: “Abbi pietà di me, perché sono un peccatore”. La benedizione che accompagna un sacramento modifica il modo in cui lo guardiamo, insiste sul fatto che nonostante la forza che il sacramento dà, rimane la povertà e la fragilità di ogni persona nel vivere quello che ne deriva. Per questo c’è bisogno di un appropriato accompagnamento che dia senso alla benedizione”.

Come vede la richiesta specifica di una benedizione per le coppie omosessuali?

“Il sacramento del matrimonio unisce un uomo e una donna. La benedizione per una coppia dello stesso sesso, proprio in quanto coppia, sarebbe troppo simile alla benedizione che segue la manifestazione del consenso nel sacramento del matrimonio. D’altra parte, le persone possono comunque essere benedette. Ricordiamo che una benedizione non ha mai lo scopo di approvare uno stile di vita. Il fatto che gli omosessuali chiedano alla Chiesa di benedirli ci invita ad ascoltarli, ad entrare nella complessità della loro storia e della loro situazione.  Gesù ha mangiato con i peccatori, ha parlato con una donna samaritana, si è fatto toccare dalle lacrime di un cieco… la sua libertà ha risvegliato il desiderio di Dio in queste persone. Cerchiamo di essere realistici: non tutti quelli che non possono sposarsi, sono in grado di vivere da soli. E costoro non dovrebbero avere il sostegno della Chiesa nel loro cammino di fede e di conversione? Dobbiamo osare essere pastoralmente creativi. In modo discreto e nell’accompagnamento personale, una benedizione è un segno tangibile della vicinanza di Dio attraverso la disponibilità di un ministro della Chiesa: laico, diacono, prete o vescovo”.

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