Anthropotes, una rivista rinnovata per una “Teologia della famiglia”

di Gilfredo Marengo

Nuova vita per Anthropotes: la rivista del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II cambia editore e si confronta con un radicale rinnovo che passa anche attraverso le nuove tecnologie e mezzi di comunicazione digitale.

Dal mese di giugno 2022, infatti, la rivista viene pubblicata dalla storica e prestigiosa Editrice  Studium, fondata nel 1927 da Igino Righetti e l’allora monsignore Giovanni Battista Montini (futuro papa Paolo VI) e si presenta con una rinnovata veste grafica.

Tra le grandi novità, anche la possibilità di acquistare la rivista in formato digitale, oltre che nelle librerie e in abbonamento.

Il “nuovo” Anthropotes offre al lettore un’approfondita disamina di tre categorie decisive nel cammino di recezione e approfondimento dell’insegnamento di Amoris laetitia:  discernimento, eredità, tradizione.

Autorevoli e di ampio respiro i saggi di Pier Davide Guenzi, Luca Pedroli, Andrea Bozzolo, Luca Bressan, Gilles Routhier, Filippo Aschieri, Cristina Augello e Alessia Calabrò, Domenico Simeone, Giovanni Cesare Pagazzi, Donatella Scaiola, Leonardo Paris, Raffaella Iafrate, Andrea Dall’Asta, Philippe Bordeyne, Stephan Kampowski, Pierpaolo Triani, Stella Morra e Marcello Neri.

Da tutti condivisa è stata la volontà di rilanciare il contributo dell’Esortazione apostolica evitando di limitarsi al confronto dialettico su singole affermazioni, per cercare di mettere in luce il dinamismo che dal testo si riversa sulla modalità di esercizio della riflessione teologica e sulla progettazione pastorale all’interno delle comunità cristiane.

A tal fine si è cercato di far dare speciale evidenza ad alcune chiavi di lettura attraverso le quali riprendere l’intuizione di fondo di Amoris laetitia: il discernimento, da intendere non tanto come tecnica, ma piuttosto come stile per affrontare in senso cristiano le sfide e le circostanze della vita, e lo sforzo di aprire la stessa riflessione teologica a una prospettiva inter- e trans-disciplinare.

In questo scenario è stato possibile prendersi carico di alcune critiche all’idea di tradizione adottata dal documento papale, a cui si è imputato di intenderla non come fisiologico approfondimento dei contenuti della fede, ma semmai come la loro sostituzione. È noto che questo dibattito ha ridato smalto alla logorante opposizione tra “tradizionalisti” e “progressisti”.

Rinunciando a rincorrere questi accenti polemici – tanto chiassosi quanto inutili – è parso molto più fecondo prendere le mosse da come, nella sua apparente semplicità, l’incipit di Amoris laetitiae (La gioia dell’amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa) suggerisce sinteticamente un importante cambio di passo.

Nel porre in primo il luogo degli affetti (famiglia) il documento individua un luogo nel quale tutti i fattori presenti nell’esistenza dell’uomo, creato maschio e femmina, sono ospitati, ma in cui nessuno di essi può pretendere di occupare il centro della scena.

Qui s’incontra il potere liberante del Vangelo, appunto, della famiglia. In essa la presenza attiva di amori differenti ridimensiona il valore, pur indiscutibile, del rapporto di coppia che, assolutizzata, pone le premesse per giustificare la pretesa totalizzante della sessualità.

Le differenti relazioni che si generano nella famiglia accompagnano i coniugi a scoprire che il loro amore reciproco è ordinato ad un agire ad extra che si distende dall’educazione dei figli alla cura dei malati e degli anziani, alle forme di carità ospitale e accogliente, fino a tutte le possibili espressioni di partecipazione alla vita della comunità cristiana e della società (AL 183; 290).

L’impresa da perseguire è dunque cercare di sviluppare sistematicamente quanto lo stesso Papa Francesco ha indicato come cuore dell’insegnamento dell’esortazione apostolica: «Amoris laetitia ha tracciato l’inizio di un cammino cercando di incoraggiare un nuovo approccio pastorale nei confronti della realtà familiare. L’intenzione principale del Documento è quella di comunicare, in un tempo e in una cultura profondamente mutati, che oggi è necessario uno sguardo nuovo sulla famiglia da parte della Chiesa: non basta ribadire il valore e l’importanza della dottrina, se non diventiamo custodi della bellezza della famiglia e se non ci prendiamo cura con compassione delle sue fragilità e delle sue ferite» (19 marzo 2021).

(da Avvenire del 18 luglio 2022)

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