«Rivoluzione Amoris laetitia Ecco come colmare il ritardo»

di Paola Colombo

Pastorale e teologia morale, norma e coscienza, discernimento e misericordia, vita di famiglia e scelte di fede. Sono i temi che saranno affrontati nel corso di un grande convegno organizzato dall’11 al 14 maggio dalla Pontificia Università Gregoriana e dal Pontificio Istituto Teologico ‘Giovanni Paolo II‘ su ‘Pratiche pastorali, esperienza di vita e teologia morale: Amoris Laetitia tra nuove opportunità e nuovi cammini (vedi box sotto). Un appuntamento di grande rilievo con decine di relatori da quattro continenti. Ne parliamo con don Maurizio Chiodi, teologo morale, bioeticista, docente, oltre che membro del comitato scientifico del convegno.

Amoris laetitia impone di riflettere allo stesso tempo su pratiche pastorali e teologia morale per mettere a fuoco nuove e più adeguate risposte alle tante e mutate esigenze del nostro tempo. Come mai, a oltre cinque anni dalla pubblicazione dell’Esortazione postsinodale, stiamo ancora cercando percorsi adeguati per dare concretezza alle grandi sollecitazioni di questo documento?
Il rapporto tra pratiche pastorali e teologia – anche quella morale – è un punto nodale di AL: Francesco mette in guardia da ‘una morale fredda da scrivania’ (AL 312), nella quale si perda di vista l’accompagnamento, il discernimento e l’integrazione, che sono il ‘tripode’ su cui si costruisce il cap. VIII, ma ancor più, potremmo dire, la complessiva pastorale della famiglia e addirittura tutta la pratica pastorale. Accompagnare significa andare a cercare l’altro/a dove si trova e non limitarsi ad aspettare che venga da noi. Discernere vuol dire distinguere le differenze, caso per caso, anche se ciò è ben diverso dal far diventare ogni situazione ‘legge a se stessa’. Integrare è il contrario di ‘emarginare’ e signi- fica coinvolgere e far partecipare alla comunione ecclesiale, nei suoi servizi e nelle sue azioni pastorali.
Tra teologia e pastorale, tra teoria e pratica c’è un continuo rimando: la teologia riflette sulla prassi, in modo ‘critico’, mostrandone istanze, implicazioni, significati e sviluppi, e reciprocamente la pratica stimola e istruisce la teoria, poiché è facendo il bene che si aprono nuove vie di bene. La riflessione ha dunque un debito radicale nei confronti della pratica. Noi pensiamo mai ‘a freddo’, ma sempre a procedere dall’esperienza, certo anche pronti a metterla in questione, quando è il caso.
Alla domanda sul ‘ritardo’ nel mettere in atto AL, risponderei che i tempi della Chiesa sono sempre più lunghi e si misurano nell’arco dei decenni o dei secoli. AL ha introdotto un ‘soffio’ di rinnovamento che richiede tempo, ha attivato un processo – come ama dire Francesco – che esige impegno e anche fatica, per continuare a testimoniare il vangelo nelle nostre famiglie.

Quali sono gli ambiti della teologia morale che, alla luce di Amoris laetitia, sollecitano una revisione più coraggiosa per affrontare meglio le nuove sfide pastorali?
Il ‘nodo’ che oggi blocca la teologia morale è, a mio parere, il ‘conflitto’ tra norma e coscienza, rispettivamente identificate con oggettivo e soggettivo. La giustapposizione di tali livelli porta a oscillare tra la norma oggettiva che sarebbe conosciuta dalla ragione e la coscienza che coinciderebbe con il soggettivo. Occorre invece partire dalla coscienza: è infatti nelle esperienze buone del vivere – che ‘formano’ la coscienza – che risuona quella ‘voce’ nella quale, come dice Gaudium et spes 16, ci parla Dio stesso. A questo bene dà parola la norma universale. Questa non è conosciuta in modo innato dalla ‘ragione’, ma a procedere dalle esperienze particolari, sia personali sia culturali. La norma dunque suppone e custodisce le buone relazioni del vivere, mettendoci in guardia dal male e chiamandoci alla dedizione nei confronti del bene, cui essa rimanda. Da qui il suo carattere simbolico.

Nel convegno si affronteranno alcuni nodi fondamentali, come la misericordia, il discernimento, la coscienza rimessi al centro del dibattito teologico dal pontificato di papa Francesco, anche alla luce della diffusa fragilità delle relazioni nella nostra società. Come mai la riflessione su questi aspetti era rimasta così in ombra?
Il Convegno ha una portata molto ampia, che si inscrive bene nel processo sinodale che sta vivendo tutta la Chiesa. Gli studiosi che si incontreranno, laici e chierici, uomini e donne, sposati e no, provengono da diversi continenti. Tutte le relazioni affronteranno il grande tema della famiglia, attente a declinare teologia e pastorale, ma con differenti prospettive teologiche, dall’epistemologia teologica alla sacramentaria, dall’ecclesiologia alla pastorale, dalla morale fondamentale alla morale ‘speciale’. Tra questi temi, certo, ci sono i grandi temi della misericordia, il discernimento e la coscienza. La misericordia è spesso confusa con l’arrendevolezza e così viene messa in conflitto con la giustizia di Dio. Essa è, invece, il nucleo del Vangelo: è l’atto con cui Dio ci salva per grazia. Nessuno ha crediti da vantare innanzi a Dio. Questo dono gratuito non ha nulla di magico, ma impegna la nostra libertà, diventando chiamata a essere misericordiosi verso gli altri così come Dio lo è con noi. A meno di tanto noi stessi perdiamo la misericordia gratuitamente ricevuta. AL ha articolato il vangelo della misericordia con la vita della famiglia in tutti i suoi aspetti. La coscienza morale, in quanto risposta libera al dono che ci precede, è originariamente responsabile. Con espressione efficace AL dice: ‘noi siamo chiamati a formare, non a pretendere di sostituirle’ (AL 37). L’espressione è molto forte, se pensiamo che la coscienza non è una parte di noi stessi, ma coincide con la nostra identità. Formare la coscienza, dunque, non è limitarsi a dare un insegnamento teorico, ma implica buone esperienze, che si danno nella pratica effettiva. Per questo, matrimonio e famiglia sono un luogo privilegiato e paradigmatico per la formazione della coscienza, perché toccano le relazioni fondamentali – filialità, paternità e maternità, sponsalità, fraternità, sororità – e gli eventi originari della vita, dal nascere al morire, dal soffrire all’invecchiare, dall’amare all’educare. Il discernimento è strettamente legato alla coscienza, perché ne è la virtù fondamentale, quella che i greci e i latini chiamavano la saggezza e il linguaggio biblico la sapienza. Esso non è un atto episodico, ma un modo di agire e costante. Come dice Francesco è la virtù del ‘bene possibile’. È una virtù che sta nel mezzo, tra un bene ideale, ma irraggiungibile, e un bene arbitrario, che sarebbe soltanto il proprio. In quest’ ottica AL tratta delle questioni complesse che sono i divorziati risposati e del conviventi. Ribadendo la bellezza del sacramento, invita a rendere queste situazioni difficili, nella loro diversità, dei luoghi di cammini possibili di accompagnamento e di integrazione ecclesiale, nell’ottica del discernimento. È possibile pensare che teologia morale e pastorale seguano una loro strada di crescita e di sviluppo senza determinare anche una nuova riflessione sulla dottrina? Teologia morale e pastorale non sono altro dalla dottrina, ma ne sono parte integrante. Nella sua totalità, la ‘dottrina’ cristiana rimanda ad un evento, la vicenda storica di Gesù, che essa è chiamata continuamente a comprendere. ‘Progredire’ nell’intelligenza di questo evento significa riattingere sempre daccapo alla sua ricchezza, riattualizzandolo ogni volta. Questo richiede una ‘fedeltà creativa’. Soprattutto oggi, la famiglia è un luogo fondamentale e privilegiato di questa sfida, nella quale è impegnata tutta la Chiesa. Ne va della sua vita e della sua testimonianza.

Un’agenda pastorale realistica per le famiglie del nostro tempo

La Pontificia Università Gregoriana, e il Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II per le Soltanto sei italiani (Maurizio Chiodi, Antonio Autiero, Pier Davide Guenzi, Giuseppe Bonfrate, Alfonso Amarante ed Emilia Palladino) tra le decine di teologi di livello internazionale che dall’11 al 14 maggio saranno protagonisti alla Gregoriana di Roma del Convegno internazionale di teologia morale Pratiche pastorali, esperienza di vita e teologia morale: Amoris Laetitia tra nuove opportunità e nuovi cammini, organizzato con con il Pontificio Istituto ‘Giovanni Paolo II’. Quattro giorni intensissimi in cui si parlerà della ricezione di Amoris laetitia, dei processi pastorali in relazione alla complessità delle relazioni familiari, del dialogo, dei sacramenti per nutrire la vita familiare, della conversione alla logica della misericordia in relazione alle fragilità familiari. E, ancora, di cultura, natura e universalità. L’evento vuole celebrare il quinto anniversario di AL, in risposta alla richiesta del Dicastero laici, famiglia e vita, nel contesto di una Chiesa sinodale, nella ferma convinzione che AL offra una prospettiva nuova, ma strettamente legata ai criteri evangelici e antropologici, fondati tanto sulla lunga tradizione della Chiesa quanto sul suo profondo senso di umanità. Assumendo la realtà del mondo attuale, AL apre all’opportunità di immaginare una agenda pastorale realistica e adeguata al nostro tempo. Ecco perché il convegno si propone di approfondire i nodi critici, le suggestioni, le provocazioni e gli spunti offerti, per progredire nella riflessione teologico-morale, anche in ambiti non sufficientemente esplorati.

(da Avvenire del 1 maggio 2022)