Il valore di figli “speciali”

di Paola Molteni

Tra finzione e realtà Gianfranco Mattera, educatore e assistente sociale, spiega i tormenti di una famiglia ‘un po’ diversa’ Storia di una bambina Down e di due genitori che raccontano la fatica di accogliere quel dono Inizia con una provocazione che è un pugno nello stomaco.
«Ditemi se sareste felici se vostra figlia di otto anni vi sputasse e vomitasse in faccia pezzi di pasta e fagioli, spinaci e hamburger a pranzo e a cena». Parole di fronte alle quali il lettore è costretto a fare i conti con sé stesso. E proprio questo è l’obiettivo del libro che Gianfranco Mattera aveva in mente scrivendo La prima volta che ho visto le stelle. La meraviglia negli occhi di Alice (San Paolo). Un obiettivo che si realizza fin dalle prime pagine, sorprendenti e drammatiche. Lo scrittore immagina una storia: che cosa può succedere a una giovane coppia che mette al mondo una bambina con sindrome di Down? Cosa porta nella vita di una famiglia «quel maledetto cromosoma ventuno in più?».
Con un linguaggio spietato, asciutto e incisivo l’autore individua i grandi tormenti di due genitori alle prese con la disabilità. Prima di tutto le difficoltà del quotidiano, fatto di incomprensioni delle maestre, di ottusità di parenti e amici, gli sforzi spesso inutili per far progredire la bambina nei compiti scolastici e negli sport. Poi il pensiero per la mancanza di autonomia di Alice, che si affaccia subito nei loro pensieri e ancora di più li spaventa quando guardano verso il futuro provando «la tristezza infinita» di sapere che questa figlia dipenderà sempre da loro due. L’autore ha scelto di raccontare un’esperienza coniugale stravolta dalla disabilità di un figlio seguendo la via del romanzo. La narrazione diventa così una confessione a due voci, quelle di Carlo e Milena. In primo piano ci sono le reazioni emotive di mamma e papà di fronte alla condizione della piccola Alice. Gli anni che vanno dalla nascita fino all’ingresso a scuola e alle prime esperienze sociali vengono raccontati secondo le diverse emozioni e punti di vista dei protagonisti. C’è Carlo che sottolinea «quanto può essere opprimente uno sguardo di compassione» e ammette «non siamo una famiglia felice, desideriamo solo essere lasciati in pace».
E poi c’è Milena che inizialmente vive tra i sensi di colpa e si interroga sulla scelta di aver voluto evitare gli esami di diagnosi prenatale, ma poi impara a riconoscere il bene unico della sua bambina, inizia con lei una comunicazione speciale e si emoziona per ‘tutte le prime volte’ di Alice, il primo giorno a scuola, il primo amichetto, la prima festa di compleanno, realizzando che in fondo non sono così diverse dalle prime volte di ogni bambino.
Stiamo parlando di un romanzo ma potrebbe essere una storia vera, tanto se ne tocca con mano l’autenticità.
«Il testo rientra nell’ambito di un progetto editoriale che tratta i temi sociali con lo strumento della narrativa», informa l’autore che con la casa editrice ha già pubblicato due volumi, ‘Le due madri’ e ‘Brutte storie, bella gente’.
Nato a Ischia nel 1975 ma trentino di adozione, un’esperienza ventennale come educatore e assistente sociale, Mattera attinge dalla sua professione per proporre racconti e spunti di riflessione ai suoi lettori. «Il mio lavoro mi dà la possibilità di mettermi al servizio degli altri, di aiutare e soprattutto capire la fatica e la sofferenza che stanno dietro a tante esistenze. In questo senso diventa un serbatoio di storie che si rivelano preziose testimonianze di vita ma che possiedono anche una funzione educativa, perché hanno un preciso messaggio da trasmettere », sottolinea l’autore.
Il libro da poco pubblicato, infatti, è come una metafora estrema della condizione della genitorialità. «Mi premeva richiamare quanto sia importante mettere sempre in discussione il modo in cui tutti noi, padri e madri, svolgiamo il nostro ruolo. E soprattutto ricordare che i figli devono essere accettati per ciò che sono, in quanto persone uniche e non come proiezioni immaginifiche della nostra mente, un atteggiamento tanto inconsapevole quanto dannoso e una tendenza purtroppo presente oggi». Alla fragilità dei genitori raccontati nel libro Mattera vuole che mamme e papà guardino per trovare un po’ delle loro speranze e paure.
«Ho scritto il testo quando era nata da poco la mia seconda figlia. Anch’ io vivo le gioie e le contraddizioni della paternità. Tutti noi padri dobbiamo imparare a percorrere insieme ai nostri bambini il cammino della crescita per imparare a conoscerli e a guardare il mondo attraverso i loro occhi». Lo scrittore usa una frase del libro per riassumere questo concetto: «I figli non si baciano quando dormono». Un’immagine che dà l’idea di una genitorialità vera, oltre gli stereotipi e i luoghi comuni e che non è così scontato realizzare, anche quando non si vive la difficile condizione della disabilità. Il protagonista del romanzo, Carlo, ce la fa. Dopo il trauma, la rabbia e il rifiuto, impara a riconoscere il valore della sua paternità speciale e accetta il dono di un figlio ‘imperfetto’. Sarà in quel momento che vedrà davvero Alice per la prima volta. Tenendola sulle sue spalle alzerà lo sguardo per guardare dove lei indica. E sarà la prima volta che vedrà le stelle.