“Lo sguardo oltre la mascherina”, il nuovo libro di Pierangelo Sequeri
Nei giorni in cui più imperversava la pandemia da Coronavirus, una delle menti più lucide del cattolicesimo contemporaneo ha tenuto una sorta di diario teologico, le cui pagine folgoranti sono state come distillate dalla gravità del momento.
Si chiama Lo sguardo oltre la mascherina, come la rubrica tenuta da Pierangelo Sequeri su Avvenire durante i giorni del confinamento e pubblicati su questo sito nella sezione riflessioni, il nuovo libro del preside dell’Istituto Giovanni Paolo II pubblicato nella collana “Pagine prime” realizzata da Vita e Pensiero in collaborazione con Avvenire. Il volume raccoglie, insieme al “diario teologico dai giorni del coronavirus” anche le sue meditazioni sulla misericordia apparse tra il 2015 e il 2016 sul mensile La porta aperta.
Non una retorica scontata – e quindi irritante in un tempo inedito come questo – ma parole e pensieri originali, potenti e persuasivi. Interrogato da un evento estremo, che impone la domanda della morte a dispetto di ogni sua rimozione, Sequeri ci restituisce l’essenziale di Dio, degli umani e della loro indistruttibile relazione. Uno sguardo penetrante che tocca l’anima, come quello di medici e infermieri, che prendendosi cura del corpo dei malati hanno raggiunto il loro spirito e quello di noi tutti. «Uno sguardo umano cambia la vita – e persino la morte».
Ci siamo abituati a sguardi distratti, superficiali se non astiosi, nella frenesia delle nostre vite. Ora però abbiamo forse imparato a riconoscere la profondità e la potenza di uno sguardo buono, quello che ospita in sé la nostra fragile condizione umana. È lo stesso sguardo di Dio che vuole bene alla sua creatura e sa commuoversi davanti alle sue ferite. Tutte le pagine di questo prezioso libretto ci parlano della tenacia e della affidabile compassione del Dio di Gesù, misteriosa radice di ogni fiducia e speranza, anche quelle più esili. Ne saremo all’altezza? Impareremo a nutrire ogni giorno sguardi buoni per chi ci sta accanto, per l’altro che incontriamo, per la comunità umana a cui apparteniamo?