Gli studenti incontrano i volontari di Taizé

“Il cammino per l’unità dei cristiani e il cammino di conversione sinodale della Chiesa sono legati”.

Con queste parole papa Francesco ha annunciato, nel gennaio 2023, che i lavori della prossima assemblea del Sinodo della Chiesa cattolica saranno preceduti da una veglia di preghiera ecumenica, in programma sabato 30 settembre in Piazza San Pietro a Roma.

Together – raduno del popolo di Dio” sarà organizzata dalla Comunità di Taizé e vedrà la presenza di papa Francesco e dei rappresentanti di diverse Chiese, “per unirci nella lode e nel silenzio, nell’ascolto della Parola”.

L’iniziativa è pensata in particolare per i giovani di età compresa tra i 18 e i 35 anni, provenienti da tutta Europa e da tutte le realtà ecclesiali, che si raduneranno per l’intero fine settimana (da venerdì sera a domenica pomeriggio) e saranno accolti per un weekend di condivisione, per camminare insieme come popolo di Dio.

All’evento si sono unite molte realtà di diverse origini confessionali, in collaborazione con diversi dicasteri del Vaticano, la Diocesi e le parrocchie di Roma.
Il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II parteciperà con i suoi studenti e con i vicepresidi di tutte le sezioni internazionali, che proprio quei giorni saranno riuniti a Roma per il Consiglio di istituto.

Proprio per presentare l’incontro e l’esperienza ecumenica di Taizé, il 9 maggio si è svolto un incontro tra gli studenti e tre volontari della comunità ecumenica francese: frère Luc, Doman e Alfonso.
Il gruppo di studenti del Jp2, capeggiato da Marcelo Correa Do Costa Fiaes, ha accolto i tre volontari nell’aula studenti per un pranzo comune.

Doman, originario della Repubblica Ceca, ha 30 anni ed è arrivato per la prima volta a Taizé nove anni fa: “E’ stata un’esperienza magnifica di incontro con altri cristiani, di diverse confessioni e vado ormai quasi ogni anno a fare volontariato”.
Una delle principali caratteristiche di Taizé sono i canti, che aiutano molto la meditazione: “Con mio fratello abbiamo deciso di creare un coro” racconta Doman.
“La lingua della nostra liturgia è la musica” spiega frére Luc: “Non potrebbe essere diversamente, quando si incontrano persone provenienti da paesi, culture e chiese molto diverse. Si sceglie una frase dal Vangelo, che poi viene ripetuta nella melodia per favorire la meditazione”. “Un conto è ascoltare la musica – sottolinea – un conto è cantare insieme”. Non a caso i canti di Taizé sono conosciuti in tutto il mondo e sono stati tradotti persino in cinese.

Alfonso viene invece dal Portogallo, ha 21 anni, e ha ereditato la passione per Taizé dalla madre: “Sono figlio di una volontaria – racconta – e prima di arrivare in Francia ho studiato teologia in Polonia”.

La vita a Taizé è scandita da tre preghiere quotidiane, l’accoglienza dei pellegrini, e l’esperienza di vita comune con monaci provenienti dalla Chiesa cattolica, dalle chiese protestanti e da quelle ortodosse.

L’esperienza della prima comunità ecumenica al mondo nasce nel 1940, quando Roger Schutz, pastore calvinista svizzero, parte da Ginevra in bicicletta per mettersi sulle tracce del monachesimo benedettino: l’obiettivo è arrivare alle rovine dell’antico monastero di Cluny – la più importante abbazia del medioevo – per iniziare un’esperienza monastica. Vicino al confine con la zona occupata dai nazisti nasce così la comunità di Taizé che in due anni raccoglie quattro monaci provenienti da varie chiese cristiane.
“Nella nostra comunità non conta l’origine del monaco. Non c’è differenza tra cattolico, protestante o ortodosso” spiega frère Luc.

Nel 1949 Roger arriva a Roma per chiedere a papa Pio XII di non impedire ai cattolici di partecipare al movimento ecumenico: “Fu il primo incontro tra un papa e un protestante dai tempi della Riforma – ricorda il monaco francese – quindici anni prima che il Concilio Vaticano II avviasse la riconciliazione tra i cristiani”.

A partire dagli anni ’70 la comunità di Taizé inizia ad essere frequentata anche dai cattolici. Frère Roger non si converte mai ufficialmente al cattolicesimo, anche se fa scalpore quando, ai funerali di Giovanni Paolo II nel 2005, viene fotografato mentre riceve la comunione, pochi mesi prima della sua morte.
“La verità è che frère Roger faceva la comunione dal 1972 – spiega Luc – Ma lo stesso Papa non aveva voluto una conversione pubblica proprio per non perdere questa dimensione ecumenica”.
“Nessuno rinnega le proprie radici – conclude– il nostro ecumenismo parte dal cuore, non da un processo intellettuale”.

 

 

 

 

 

 

 

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