Messa a San Pietro con la Comunità accademica – l’omelia del preside Philippe Bordeyne

Due settimane fa, Papa Francesco ha presieduto una messa in questa Basilica di San Pietro in onore del sessantesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, l’11 ottobre 1962. Tra i 2.500 vescovi presenti alla processione d’ingresso c’era anche il giovane vescovo ausiliare di Cracovia, Karol Wojtyla. Aveva 42 anni e viveva il suo ministero episcopale in un Paese dove i cattolici erano sotto l’oppressione del potere comunista. La sua partecipazione al Concilio Vaticano II fu una boccata d’aria fresca che lo portò a meditare sulla Chiesa di Roma nata dal sangue dei martiri e, attraverso di essa, sulla lotta della fede e sull’eterna giovinezza della Chiesa. Tra una sessione di lavoro e l’altra, scrisse alcune poesie, tra cui questa, intitolata “Sinodo”, che evoca l’assemblea del Consiglio:

“Si rialzano sempre di più,
la stanchezza non li spinge alla tomba;
anche i più anziani si trascinano in ginocchio,
pronti ad affrontare il palcoscenico,
i giovani guardano e gli occhi sbiaditi vedono il tutto:
questo mondo che deve nascere
dai loro corpi e dalle loro anime, dalla vita che danno,
della morte che desiderano.” (fine di citazione)

Dietro questi volti e corpi di pastori di età e stato di salute diversi, il Papa poeta discerne lo stesso amore di Cristo, lo stesso amore che ha fatto dire a Pietro nel Vangelo di oggi: “Signore, tu sai tutto, tu sai che ti voglio bene”. E il giovane vescovo sente la risposta di Gesù a ciascuno di loro: “Pasci le mie pecore”. Fino alla fine.

Domenica 22 ottobre 1978, Karol Wojtylà pronunciò l’omelia solenne per l’inizio del suo pontificato. Era ancora giovane per essere un papa, non aveva ancora sessant’anni. Ha scelto il nome di Giovanni Paolo II per seguire le orme del suo breve predecessore, il beato Giovanni Paolo I, nell’eredità dei due papi del Concilio, Giovanni XXIII e Paolo VI, ora canonizzati come lui. La sua omelia è una bella meditazione sulla partenza dell’apostolo Pietro per Roma, nel cuore dell’impero, dove Cristo lo aveva chiamato a dare la vita perché vi rimanesse durante la persecuzione di Nerone. San Giovanni Paolo II è scampato alla morte il 13 maggio 1981, ma ha dato la vita fino alla fine di fronte alla malattia. La sua fedeltà fino alla morte ha segnato il senso di tutti i SÌ che ha dato al Signore, prendendo sempre Maria come modello, alla scuola di San Luigi Maria Grignon de Montfort. Torno a questa prima omelia del 22 ottobre 1978, perché può aiutarci a vivere pienamente il presente della nostra Chiesa, affidandoci all’intercessione di San Giovanni Paolo II. Il nuovo Papa medita sul popolo di sacerdoti che Cristo, nostro Sommo Sacerdote, ha fatto nascere. Cito:

“Colui che è nato dalla Vergine Maria, il Figlio del falegname – come si riteneva –, il Figlio del Dio vivente, come ha confessato Pietro, è venuto per fare di tutti noi “un regno di sacerdoti”.

Il Concilio Vaticano II ci ha ricordato il mistero di questa potestà e il fatto che la missione di Cristo – Sacerdote, Profeta-Maestro, Re – continua nella Chiesa. Tutti, tutto il Popolo di Dio è partecipe di questa triplice missione. » (fine di citazione)

Oggi, il cammino sinodale convocato da Papa Francesco prosegue l’impulso del Concilio Vaticano II, ricordato da Giovanni Paolo II all’inizio del suo pontificato e amplificato in seguito nell’insistenza sulla santa vocazione dei fedeli di Cristo e sulla loro missione di evangelizzazione. L’Istituto Giovanni Paolo II per il Matrimonio e la Famiglia è nato da questo impulso conciliare. La giustezza dell’intuizione del nostro santo Papa fondatore è evidenziata dal carattere internazionale della nostra assemblea di questa mattina. Preghiamo per le famiglie delle nostre Chiese locali, cominciando da quelle che sono più afflitte e che partecipano così, a volte inconsapevolmente, al mistero della Passione di Cristo. Chiediamo il coraggio di praticare la teologia del matrimonio e della famiglia, anche nelle nostre ricerche più avanzate, in uno spirito di conversione pastorale che risponda ai bisogni degli uomini e delle donne di questo tempo, nella diversità delle loro culture e dei loro contesti.

Concluderò tornando al magnifico testo della prima lettura nel libro di Isaia, capitolo 54: “Come sono belli sui monti i passi del messaggero, di colui che annuncia la pace, che porta la buona novella, che annuncia la salvezza, e viene a dire a Sion: “Regna il tuo Dio”! Nessun versetto, per i giovani della generazione di Giovanni Paolo II a cui appartengo, evoca di più il Papa pellegrino, l’iniziatore delle Giornate Mondiali della Gioventù, il Papa che imparava la lingua dei Paesi che andava a visitare per annunciare la pace e la buona novella in una lingua che potesse toccare i loro cuori. Allo stesso modo, il versetto del Salmo: “Annunciate a tutti i popoli le meraviglie del Signore ” evoca la missione del nostro Istituto Giovanni Paolo II, presente in diversi Paesi del mondo: far risuonare in tutte le lingue e le culture la bellezza dell’amore umano, attraverso il quale un uomo e una donna, scegliendo di fondare una famiglia, rispondono all’amore di Dio e sono disposti a dargli un volto concreto attraverso la loro fedeltà quotidiana. Questo mistero è grande. Amen

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