“Noi teologi dobbiamo ascoltare le famiglie”
Un aiuto a cogliere tutta la ricchezza dell’intervento pronunciato da papa Francesco nel corso del Festival delle Famiglie che ha aperto il decimo Incontro Mondiale delle Famiglie. Pubblichiamo di seguito la traduzione italiana dell’intervista rilasciata dal preside Philippe Bordeyne al quotidiano La Croix e uscita il 22 giugno 2022.
di Loup Besmond de Senneville
La Chiesa deve rivedere la sua dottrina sulla famiglia?
“La questione non si pone in questi termini. La Chiesa svolge un importante lavoro per accogliere le famiglie così come sono. Per esempio, oggi in Francia più del 60% dei bambini nasce fuori dal matrimonio e molte di queste famiglie vengono a chiedere il battesimo. La stessa cosa accade nel resto d’Europa, ma anche in Africa e in America Latina, dove il fenomeno è massiccio anche se non se ne parla. La Chiesa accoglie queste famiglie che si trovano in situazioni diverse. Ma questo non è sufficiente: deve accompagnarle”.
Che cosa significa?
“Oggi noi accogliamo le famiglie, ma non le accompagniamo davvero. Ad esempio, le coppie non sposate o risposate sono accolte per misericordia, ma non si discute della loro vita di coppia, probabilmente per paura di fare una cosa sbagliata. Il battesimo di un bambino però, rappresenta l’occasione per rivolgersi ai genitori, perché una nascita cambia molte cose in una coppia. Il fatto di chiedere il battesimo è a volte una concessione di un genitore verso l’altro. In ogni caso rappresenta l’occasione per parlare della famiglia e per iniziare un cammino. Ci sono anche delle situazioni per le quali non c’è alcun tipo di proposta: penso alle coppie che si stanno separando o stanno divorziando”
Come si possono accompagnare meglio queste persone?
“Bisogna partire da quello che sono. Cominciare dall’ascolto. Il lavoro teologico deve iniziare da lì: la comprensione della realtà, e in particolare dei quei fedeli “che spesso rispondono al meglio al Vangelo con i loro limiti e possono esercitare il loro discernimento in situazioni in cui tutti gli schemi si sono rotti”, come scrive papa Francesco in Amoris Laetitia. Dobbiamo capire il loro modo di essere una coppia, perché vogliono un bambino o perché non lo vogliono. Dobbiamo anche essere attenti al modo in cui la grazia di Dio lavora nelle persone. Perché se vengono in chiesa per un battesimo o la preparazione al matrimonio, questo significa che c’è un desiderio di Dio, per quanto piccolo, da parte di queste persone. Per questo abbiamo bisogno della sociologia, ma dobbiamo anche entrare in una comprensione più propriamente teologica: come lavora lo Spirito Santo nei battezzati? Come possiamo raggiungere il desiderio di Dio legato a questo desiderio di famiglia?
Per capirle, il cammino sinodale lanciato da papa Francesco è un buon mezzo di ascolto delle famiglie. Le domande che si pongono oggi agli accompagnatori sono le seguenti: come ci si adatta al contesto attuale? Alla povertà? Alla pressione subita dalle famiglie? Al rapporto con la vita professionale? E’ per fare questo lavoro di ascolto che gli organizzatori dell’Incontro mondiale delle famiglie hanno coinvolto le coppie per diversi giorni. Noi teologi dobbiamo ascoltarle. Questo creerà un dialogo tra Chiesa e famiglie”.
In questo contesto che ruolo riveste l’eredità di Giovanni Paolo II?
“A Giovanni Paolo II dobbiamo quattro svolte molto importanti: la prima è la svolta cristologica dell’antropologia, ovvero il non perdere di vista il Cristo salvatore nella comprensione dell’essere umano. Il secondo aspetto è la svolta mistica e sociale della morale coniugale, che comprende la teologia del corpo ma anche il ruolo sociale della famiglia. Terzo elemento: la valorizzazione dei laici, e in questo Giovanni Paolo II ha seguito, come Francesco, le orme del Concilio Vaticano II. Infine, la svolta culturale dell’evangelizzazione, ovvero la presa di coscienza che non si può fare la stessa cosa in Europa e in Asia. Questa eredità è preziosa, e bisogna continuare a coltivarla”.