Sesso, amore e coppia Passi cauti della Chiesa

di Luciano Moia

Le Edizioni Paoline hanno pubblicato un nuovo libro del teologo monsignor Gilfredo Marengo, sacerdote spezzino, ordinario di Antropologia teologica al Pontificio istituto “Giovanni Paolo II” per le Scienze del matrimonio e della famiglia.

Il volume, a cinque anni dall’esortazione apostolica “Amoris Laetitia” di Papa Francesco, si intitola “Chiesa, amore, sesso – Le relazioni pericolose”. Con un approccio multidisciplinare, esso si propone una “ricostruzione storico-critica della prospettiva con cui la Chiesa, nei secoli, ha interpretato sesso e amore nella propria riflessione teologica e nell’azione pastorale”. Al centro della riflessione di monsignor Marengo, che introduce nuovi spunti di dibattito su un tema oggi centrale nella società, ci sono il carattere sacramentale del matrimonio cristiano e il “Vangelo della famiglia”.

Un testo coraggioso con approccio multidisciplinare, per offrire un’efficace ricostruzione storico-critica della prospettiva con cui la Chiesa – soprattutto negli ultimi secoli – ha interpretato sesso e amore nella riflessione teologica e nell’azione pastorale.
Dall’enfasi secolare sul fine procreativo del matrimonio – che aveva messo in ombra la centralità dell’amore nelle relazioni coniugali – il volume approfondisce eventi e figure fondamentali della storia e della teologia. Dalla prima enciclica sul tema, Arcanum divinae sapientiae di Leone XIII per arrivare alla Casti connubii di Pio XI e poi al Vaticano II, alle Catechesi sull’amore umano e alla Familiaris consortio di Giovanni Paolo II e infine all’Esortazione apostolica Amoris Laetitia di papa Francesco. Un lungo viaggio che si pone l’obiettivo di mostrare una lenta ma inesorabile rivoluzione nello sguardo e nei significati dell’amore e della sessualità per arrivare al cuore della pastorale familiare. Il sesso non è un periculum ma neanche un totem, l’amore non dovrebbe essere fine a se stesso. La sfida, per la comunità cristiana, è diventare custode della bellezza della famiglia, con la franchezza dell’annuncio e la tenerezza delle parole indicate da papa Francesco: accompagnare, discernere, integrare.

Professore, lei scrive che «più la Chiesa ha investito su matrimonio e famiglia – soprattutto a partire dal Concilio Vaticano II – più si è allargata la forbice tra quanto essa insegna e propone, la mentalità dominante e il vissuto degli uomini e delle donne del nostro tempo». Perché si è verificata questa divergenza?
Il volume cerca di illustrare le dinamiche che hanno condotto a questa divergenza. In sintesi si può affermare che essa registra un significativo scarto tra l’evolversi della mentalità dominante su questi temi e lo sguardo della riflessione teologica e pastorale. Bisogna riconoscere una certa difficoltà: quando nel XIX secolo nasce un ‘sapere’ della sessualità, la vita della Chiesa investe ancora unicamente sulla riproposizione dei paradigmi della morale matrimoniale, senza rendersi conto della non piccola mutazione antropologica che si stava realizzando.
D’altra parte quando, nel secondo dopoguerra, matura una singolare attenzione ai temi dell’amore umano e della vita di coppia, non sempre si è stati avvertiti che una certa sensibilità ‘romantica’, all’origine della loro valorizzazione anche fuori del panorama ecclesiale, stava ormai declinando verso nuovi scenari nei quali l’appello alle ragioni dell’amore è diventato il modo con cui legittimare l’assioma ‘vietato vietare’, tipico della cosiddetta ‘rivoluzione sessuale’. Di fronte a questi mutamenti radicali, occorre prendere atto che la riflessione e la prassi ecclesiali hanno per lo più investito nell’analisi accurata della differenza sessuale, considerata come dimensione originaria dell’umana esistenza (‘maschio e femmina li creò’), per ridare smalto e ragioni adeguate ai contenuti propri della morale cattolica in questo ambito. In sintesi, l’istanza etica sarebbe l’unico elemento discriminante e ad essa spetterebbe il compito di esprimere lo specifico che l’esperienza cristiana può dire a proposito della sessualità.
Non si tratta di elevare dubbi su questa parte dell’insegnamento ecclesiale, ma piuttosto di chiedersi se questa sia la strada per mostrare adeguatamente le ragioni della bontà e dell’integralità del Vangelo della famiglia che lo rendono affascinante e proponibile a tutti.

Lei riconosce che si amplia il numero di fedeli che, nei fatti, vivono la loro sessualità secondo criteri ‘mondani’, senza cogliere la contraddizione con la propria appartenenza ecclesiale e spiega che abbiamo due possibili vie d’uscita: insistere sulle norme morali, ben sapendo però che quelle norme sono ormai state dichiarate ‘inattuali’ dal tribunale della storia, oppure mettere in sordina questa parte dell’annuncio cristiano. Obbligatorio scegliere tra queste due ipotesi o c’è una terza via?
Le due vie a cui si riferisce solo quelle, di fatto, più praticate. Nel mio libro cerco di mostrare quanto sia necessario uscire da questa alternativa secca. Si tratta di investire su una rinnovata proposta di tutto quanto l’annuncio cristiano dice a proposito dell’amore umano e della sessualità. A ben vedere l’enfasi esagerata sulle norme morali tradisce una comprensione parziale di tale annuncio, mentre la posizione opposta non riconosce l’obiettiva novità presente nel Vangelo della famiglia e la sua capacità di incontrare l’esperienza di ogni uomo e donna. Siamo chiamati a prenderci cura della condizione, spesso difficile e complicata, in cui oggi molti uomini sono provocati a mettere in gioco la propria libertà, nella consapevolezza dei condizionamenti legati all’attuale temperie storica, ma anche mantenendo viva la promessa di un bene possibile e di una vita buona, reale e praticabile perché dono ed esperienza di Carità e Misericordia.

Alla fine di un lungo e interessante excursus nella storia del pensiero cristiano su matrimonio e sessualità, il suo saggio sostiene che l’annuncio cristiano si presenta davvero come liberante dalla dittatura del sesso, solo se si mostrerà capace ‘di valorizzare pienamente la sessualità e, insieme, relativizzarla’. Perché per valorizzare occorre relativizzare?
Quella che ho chiamato ‘dittatura del sesso’ esprime una pretesa di assolutezza equivoca: senza nulla togliere al posto singolare che la sessualità occupa nell’esistenza di ognuno, è altrettanto vero che essa non può pretendere di esaurire l’umano, soprattutto quando viene ricondotta quasi a sacralizzare il ‘godimento di sé’. Confrontarsi con queste provocazioni richiede, però, una fondamentale avvertenza. Non è vantaggioso – e la storia recente della Chiesa lo attesta – reagire allestendo un confronto sempre più serrato nello spazio dell’antropologico, nel convincimento che la sessualità sia un fattore decisivo per mettere a fuoco i modelli di uomo, cristiano o mondano, operanti nella società.
Procedendo in questa direzione si è implicitamente legittimata la centralità guadagnata dalla sessualità nell’epoca presente. Allo stesso tempo, una volta riconosciuta come speciale ambito di verifica della ‘verità’ dell’uomo, essa ha guadagnato un peculiare profilo identitario. Ma procedendo in questa direzione si è rischiato di accettare proprio quel profilo di assolutezza che oggi è necessario mettere radicalmente in discussione. L’invito a valorizzare relativizzando intende aprire un cammino che ci custodisca da questi esiti complicanti. Per questi motivi non sembra utile impegnarsi innanzitutto a ‘definire’ il sesso e l’amore, per guadagnare tutti i necessari strumenti utili a padroneggiare le complesse e drammatiche tensioni che essi alimentano nell’umana esistenza. Il Vangelo della famiglia dona piuttosto agli uomini e alle donne la possibilità di abitare senza timore quelle tensioni e verificare passo passo la fecondità della presenza operosa di Cristo nella loro vita, nelle relazioni coniugali, negli affetti, nel riconoscersi maschio e femmina.

Amoris laetitia rinuncia a presentare un modello ideale di famiglia e apre alla possibilità ‘di ospitare ogni storia d’amore, in qualunque frangente essa si trovi a vivere’ nella convinzione che ‘accompagnare, discernere e integrare’ sia un obiettivo da estendere a tutte le coppie che lo desiderano. Non si tratta di un implicito invito a rivedere l’intero corpus dottrinale su matrimonio e famiglia?
Direi che è piuttosto un invito a elaborare in maniera soddisfacente un tale corpus. Non bisogna dimenticare che una ‘teologia’ del matrimonio, organicamente articolata, muove i suoi primi passi dalla seconda metà del secolo scorso e un’attenzione non episodica ai temi del corpo e della sessualità ha trovato piena cittadinanza nella riflessione ecclesiale solo a partire dal pontificato di Giovanni Paolo II.
Va ricordato che per secoli il ruolo della teologia nella vita della Chiesa è stato pensato come l’elaborazione di una ‘dottrina’ da cui derivare criteri di azione e di comportamento.
Forse – proprio nell’ambito del matrimonio e della famiglia – oggi siamo provocati a riattingere in maniera fecondo al profilo autentico del sapere teologico: una riflessione critica e sistematica sull’esperienza della fede. Tanto più le comunità cristiane saranno capaci di testimoniare come Cristo rinnova l’amore umano e se ne prende cura in tutte le sue dimensioni, tanto più ci troveremo capaci di offrirne e comunicarne a tutti le ragioni e la convenienza umana. Come si potrà arrivare ad ‘accompagnare, discernere e integrare’ le derive più estreme della sessualità totalizzante, come aborto, fecondazione assistita, maternità surrogata, ideologia del gender, ma senza giustificare queste prassi? Proprio i tre verbi usati da Amoris laetitia custodiscono l’agire ecclesiale dal rischio di giungere a un’acritica giustificazione di tali prassi. Siamo invitati a prendere realisticamente atto che quelle derive sono, purtroppo, ben presenti ed operanti tra gli uomini e le donne del nostro tempo. L’agire ecclesiale è oggi chiamato a vivere dentro queste circostanze: esse non possono venire lette come obiezione, ma come la condizione in cui siamo chiamati a testimoniare come l’amore redentore di Cristo salva e rinnova gli affetti, il matrimonio, la famiglia. Quando la comunità cristiana incontra e si scontra con uomini e donne che vivono e agiscono in maniera così distante dal sentire della fede, credo che debba prevalere nel nostro sguardo, senza mettere tra parentesi il doveroso dolore per il grave disordine, la certezza che ad ognuno di loro può e deve essere offerta la grazia dell’incontro con l’avvenimento di Cristo, il dono della Sua Carità e Misericordia. Solo in questa direzione la singolare novità cristiana manifesta adeguatamente la sua pretesa di essere universale, per tutti gli uomini.

Sessualità e matrimonio negli ultimi due secoli Il lungo e talvolta complesso percorso ecclesiale nelloriginale analisi del teologo Gilfredo Marengo «Lenfasi esagerata sulle norme morali tradisce una comprensione parziale dellannuncio cristiano, mentre mettere la sordina a questa parte dellannuncio non riconosce lobiettiva novità presente nel Vangelo della famiglia» La nostra epoca conosce una sorta di ‘dittatura’ della sessualità «che esprime una pretesa di assolutezza equivoca, ma aprire un confronto sempre più serrato nello spazio dellantropologico non è vantaggioso»

(Avvenire, 7 novembre 2021)

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