Amoris laetitia, scatto in avanti per coniugare vita e pastorale

di Pier Davide Guenzi

La ricchezza di prospettive offerta da Amoris laetitia merita una giusta e puntuale considerazione per ridare respiro alla pastorale familiare. Tutta l’esortazione apostolica di papa Francesco può essere percorsa come segnavia di credibili percorsi all’interno dei quali lasciar risuonare la forma costruttiva dell’agape cristiano. Ciò comporta la considerazione di quei passaggi critici in cui prende corpo una progettualità di vita consapevole delle luci e delle ombre che ne accompagnano l’evoluzione e ne punteggiano la narrazione.

La proposta di corsi in preparazione al matrimonio, anche quando condotti con impegno e specifica considerazione dei loro destinatari, non può più essere sufficiente per dare risonanza alle gioie e alle fatiche quotidiane di una famiglia e annunciare la forza costruttiva della parola evangelica. La pastorale delle parrocchie, imperniata sui gruppi famiglia, inoltre, necessita di essere incanalata in prospettive operative in grado di esprimere con maggiore evidenza e sensibilità la prossimità e la cura della comunità cristiana delle persone nei loro contesti di vita.
I passaggi delicati da accompagnare per rendere le famiglie protagoniste consapevoli della loro storia sono ben evidenziati da papa Francesco, alla luce di un lucido principio: «Non basta inserire una generica preoccupazione per la famiglia nei grandi progetti pastorali» (AL 200).

Si tratta di un passaggio decisivo: dalla dichiarazione di interesse al coinvolgimento attivo in un’azione evangelizzante in grado di incontrare i processi di crescita o di blocco dei progetti familiari, rendendo le persone soggetti attivi di crescita e di cambiamento, affrontando i passaggi caratteristici del fare e dell’essere famiglia. Tali passaggi sono evidenti in Amoris laetitia, a partire da quello abitualmente associato alla pastorale pre-matrimoniale: «Aiutare i giovani a scoprire il valore e la ricchezza del matrimonio», (AL 205), senza però scansare il necessario discernimento sulla scelta di sposarsi, permettendo di mettere in luce anche eventuali in- compatibilità, rischi, paure e blocchi (cfr. AL 209-2010) che potrebbero, già in partenza, pregiudicarne la stabilizzazione. L’accompagnamento, poi, domanda di essere proseguito «nei primi anni della vita matrimoniale per arricchire e approfondire la decisione consapevole e libera di appartenersi e di amarsi sino alla fine » (AL 217).

La quotidiana dedizione all’altro per consolidare il patto di reciproco affidamento richiede una decantazione della mistica dell’innamoramento, talvolta sostenuta dalla stessa predicazione ecclesiastica, per imparare a vivere l’effettivo prendere corpo di una storia che spesso vede i giovani sposi incapaci di fronteggiare l’inevitabile scarto tra l’ideale e il reale del proprio matrimonio, alle prese con la quotidiana gestione di scelte che possono condurre al suo rafforzamento o incrinarne la consistenza.
In questo senso assai preziosa è l’indicazione di Francesco di aiutare le coppie e le famiglie a qualificare il tempo vissuto nella condivisione della casa. Un tempo talora assai povero di pensieri e di attenzioni, per cui non di rado «uno o l’altro dei coniugi finirà col rifugiarsi nella tecnologia, inventerà altri impegni, cercherà altre braccia o scapperà da un’intimità scomoda» (AL 225). Si tratta anche di assumere realisticamente il tempo della crisi e il suo riproporsi dentro il ciclo di vita di una famiglia. Qui si gioca un aspetto decisivo dell’accompagnamento pastorale che, anche quando è proposto, non rappresenta una risorsa cui le coppie fanno abitualmente riferimento in quanto, lo ricorda ancora papa Francesco, non è sentito come «comprensivo, vicino, realistico, incarnato » (AL 234).

Una particolare cura, inoltre, va al rafforzamento e alla gestione sana, equilibrata e costruttiva dei legami intergenerazionali di cui la famiglia è un contesto imprescindibile: tra genitori e figli, con la generazione dei nonni e gli stessi legami di fratria (cfr. AL 187-198 e capitolo VII). Infine una decisiva azione da parte della comunità cristiana è la creazione di ‘reti’ in grado di inserire ciascuna famiglia nella più ampia comunità civile ed ecclesiale, superando il rischio e la tentazione dell’isolamento e anche di vere e proprie pratiche di emarginazione sociale.
Una progettualità pastorale di ampio respiro con e per la famiglia richiede nuove azioni e nuovi soggetti, oltre che una specifica modalità di formazione.

Quest’ultima non può limitarsi a offrire obiettivi che accrescano le conoscenze, ma deve favorire reali processi per il passaggio dal ‘saper essere’ al ‘saper fare’, stimolando un’intelligente operatività attraverso il confronto diretto con le situazioni tipiche dei vissuti familiari. È la metodologia laboratoriale introdotta dal prossimo anno nel Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, con una attenzione a sviluppare le capacità operative degli operatori di pastorale familiare, soprattutto nell’ambito del servizio di consulenza e di accompagnamento.

Accanto al consolidato profilo professionale del counseling, che richiede specifiche competenze, sono possibili altre figure che si pongono come care giver per camminare con la coppia coniugale e la famiglia, per supportare il raggiungimento di specifici obiettivi di crescita o di gestione di momenti critici (coaching). O, attraverso una metodologia che mette in gioco accanto alle capacità acquisite la propria esperienza personale, per far crescere nella coppia le abilità necessarie ad affrontare le sfide connesse al suo ciclo di vita (mentoring).

Questa attenzione formativa può rappresentare un decisivo salto di qualità grazie alla sinergia tra i professionisti della consulenza e dell’accompagnamento familiare, gli operatori pastorali e i gruppi famiglia, per esprimere in modo più soddisfacente una credibile testimonianza di uno stile di vita in grado di promuovere i valori umani e cristiani.
Ce lo ricorda ancora papa Francesco, con un suggerimento semplice e decisivo, da prendere sul serio e da sviluppare: «Può essere utile affidare a coppie più adulte il compito di seguire coppie più recenti del proprio vicinato, per incontrarle, seguirle nei loro inizi e proporre loro un percorso di crescita» (AL 230).

(Avvenire)