Al via le iniziative per i 40 anni dell’Istituto Giovanni Paolo II

di Andrea Galli

La fede non è una morale? Certo. Ormai lo dicono anche i vescovi. Ma la stragrande maggioranza dei conflitti di interpretazione della fede oggi, su cui si decide la sua coerenza, sono questioni morali. Di sesso o di società.
Questioni morali. Conoscete dei gruppi cristiani divisi sulla pericoresi trinitaria? Sono divisi sulla morale sessuale, sulla morale sociale». Così ieri Pierangelo Sequeri, attirando l’attenzione su una serie di apparenti antinomie che riguardano la fede vissuta e predicata oggi. Il teologo milanese ha parlato all’auditorium del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, a Roma, di cui è preside in uscita, in dialogo con il gesuita Christoph Theobald e il benedettino Elmar Salmann, collegati via internet da Francia e Germania.

«Oggi e domani. Immaginare la teologia » il titolo dell’incontro – moderato da Lucia Vantini e organizzato dalla Cattedra “Gaudium et Spes” diretta da don Giovanni Cesare Pagazzi – che ha aperto le iniziative per i 40 anni della fondazione dell’Istituto, avvenuta il 13 maggio 1981 per volontà di san Giovanni Paolo II. L’arcivescovo e gran cancelliere Vincenzo Paglia nel suo saluto iniziale ha anticipato alcune novità: «Il percorso che seguirà avrà come indirizzo di apertura un appello dal titolo “Salvare insieme la fraternità. Un appello per la fede e il pensiero”, di prossima pubblicazione», «inizieremo con cento teologi e cento intellettuali che si confrontano».
Intanto ieri a confrontarsi sono stati appunto tre nomi noti fra gli addetti ai lavori e non solo. Ognuno con il suo “stile” caratteristico. Theobald, del Centro Sèvres di Parigi, proiettato verso un superamento dell’istruzione della Congregazione della dottrina della fede Donum veritatis, del 1990, sulla vocazione ecclesiale del teologo – «È in linea con il modello dottrinale del Concilio Vaticano I» – Salmann, a lungo docente alla Gregoriana e al Sant’ Anselmo a Roma, con la sua ispirata descrizione della condizione spirituale dell’uomo contemporaneo – «Siamo rabdomanti delle orme perdute del divino » – Sequeri, con i suoi pensosi chiaroscuri in cui alla fine prevale comunque il chiaro: «Forse non siamo ancora abbastanza esperti di questo genere di umanità che sta arrivando. L’inedito dell’epoca è la formazione di una società istituzionalmente non religiosa. Processo irreversibile, che però è il nostro Kairos. E non è che l’impero romano fosse più permeabile al cristianesimo».

(Avvenire)