Per un mondo di Amoris

di Luciano Moia
Gli obiettivi dell’Anno speciale voluto dal Papa a cinque anni dal documento postsinodale Un momento forte di rinnovamento pastorale, un’occasione straordinaria per passare dal dibattito alla diffusione concreta in tutte le comunità dell’Esortazione post-sinodale, un segno di vicinanza verso le famiglie del mondo in un momento così difficile per tutti. Ecco il senso dell’Anno Famiglia Amoris laetitia che papa Francesco ha inaugurato l’altro ieri. Ne parliamo con Gabriella Gambino, sottosegretario del Dicastero pontificio laici, famiglia e vita.

Quali sono gli obiettivi che hanno indotto il Papa a rilanciare Amoris Laetitia con un Anno speciale?
In questi primi cinque anni dalla pubblicazione, si è pensato e scritto molto su Amoris Laetitia, ma la sua applicazione pastorale è rimasta limitata. Né le famiglie conoscono il testo. Negli ultimi tempi si registra tuttavia da più parti una crescente attenzione agli aspetti inerenti la preparazione al matrimonio, l’accompagnamento degli sposi, l’educazione dei figli, la solidarietà intergenerazionale, il ruolo delle famiglie nella Chiesa, il calo delle nascite: temi che progressivamente si stanno imponendo come priorità per una rinnovata pastorale familiare. E che in fondo sono le questioni di vita quotidiana che riguardano la maggioranza delle famiglie nel mondo, rispetto alle quali le famiglie chiedono un sostegno per sapersi meglio orientare e saper fare un discernimento. In tal senso, una rilettura attenta del testo servirà a cogliere le strategie e le proposte concrete che esso contiene per un rinnovamento della pastorale familiare.

Ritiene che ci sia la speranza di sollecitare quelle Chiese locali finora poco ricettive di fronte alle proposte dell’Esortazione post-sinodale?
L’anno Famiglia si prefigge proprio questo: intende essere un momento forte per spingere questo rinnovamento pastorale in tutto il mondo, con l’obiettivo di far sì che tutte le Chiese locali si mettano davvero accanto alle famiglie, camminando con loro nelle gioie e nelle difficoltà. E i segnali ci sono: il nostro Dicastero ha avviato un intenso e costruttivo dialogo con le conferenze episcopali, anche con quelle che fino ad oggi avevano più difficoltà ad applicare la ricchezza di Amoris Laetitia. C’è un grande senso di condivisione e comunione in tal senso e un desiderio da parte di tutti di affrontare insieme la sfida sulla famiglia. Le famiglie hanno bisogno della comunità, e la Chiesa ha bisogno delle famiglie perché esse sono il futuro della chiesa.

La situazione della famiglia, soprattutto nel mondo occidentale, sta conoscendo aspetti di crisi profonda. Crede che un rinnovamento profondo della prassi pastorale come quella prevista da Amoris Laetitia possa incidere positivamente anche sul piano sociale? Abbiamo già degli esempi in questo senso?
La fragilità dei legami oggi sta avendo conseguenze pesanti non solo sulla vita delle singole persone, ma anche sulla società. La rottura delle famiglie genera povertà, isolamento sociale, solitudine. La famiglia è il luogo naturale dei beni relazionali, quei beni che rendono le persone davvero felici e che si generano nella gratuità e nella solidarietà, rendendo le persone capaci di contribuire al bene comune. Il matrimonio, non solo come sacramento, ma anche come istituto giuridico, mette in azione valori fondamentali: stabilità, fiducia, fecondità. I legami costruiti sull’impegno reciproco rendono le persone generative, generose, e donano speranza nel futuro. Su questo aspetto, ci sono forti affinità tra il Magistero della Chiesa e il pensiero laico, tra Chiesa e società civile. Rinforzare il matrimonio e la famiglia attraverso un’azione pastorale più efficace e adatta alle sfide dei tempi non può che avere ricadute positive e forti anche dal punto di vista sociale. È dalla condivisione delle difficoltà tra le famiglie che nascono le idee più creative e solidali per aiutarsi a vicenda anche sul piano sociale. Non a caso molte coppie di sposi chiedono oggi di potersi formare, per esempio, nell’ambito della consulenza familiare per essere di aiuto – in quanto sposi – ad altre famiglie in difficoltà. E ciò incide positivamente sull’efficacia della pastorale, poiché essi sono una testimonianza vivente di ciò di cui parlano.

Nei 12 percorsi indicati nel programma ‘In cammino con le famiglie’ si ricordano temi come quelli relativi alla pastorale degli anziani, dell’impegno missionario, delle famiglie ferite, dell’attenzione ai bambini, che finora sono rimasti un po’ marginali rispetto agli ambiti tradizionali. Non crede che questo allargamento, giustissimo e urgente, richieda però anche competenze nuove che andrebbero preparate?
Certamente. Infatti uno dei dodici suggerimenti che diamo alla pastorale riguarda proprio l’urgenza di una formazione più adeguata degli operatori pastorali, dei seminaristi e dei presbiteri, perché sappiano affrontare con coraggio, ma anche con la dovuta delicatezza e competenza, situazioni familiari complesse, e risveglino anche ambiti della pastorale ancora sopiti, come la pastorale dei bambini. E che lo facciano collaborando con le famiglie, e non calando dall’alto corsi o proposte che non rispondono all’interesse e ai bisogni reali.