«Samaritanus bonus», già una bussola

L’impossibilità o l’improbabilità di guarigione non fanno venir meno il dovere morale della cura, ineludibile da parte non solo di medici e operatori sanitari ma di ogni membro «delle comunità di appartenenza» dell’ ammalato. Lo si legge nella Samaritanus bonus, la Lettera della Congregazione per la Dottrina della fede «in relazione alle situazioni cliniche concrete di gravi malattie nel fine vita», pubblicata in settembre, concetto ribadito dagli esperti intervenuti al webinar su «L’ etica clinica si confronta con la Samaritanus bonus, promosso dalla sezione di Bioetica e Medical Humanities dell’ Università Cattolica e dal Pontificio Istituto Teologico Giovanni Paolo II.

Gli interventi hanno messo in evidenza all’ unisono l’ insistere del testo sulla chiamata che interpella chiunque interagisca con l’ ammalato: «Tutti – si legge – sono chiamati a dare testimonianza accanto al malato e diventare “comunità sanante” perché il desiderio di Gesù, che tutti siano una sola carne, a partire dai più deboli e vulnerabili, si attui concretamente». Una presenza accanto e per l’ ammalato, ha ricordato monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la Vita, fondamentale per «far sentire la forza di quei legami che neppure la morte può distruggere e confermare il senso della dignità di ogni uomo». Come proprio la parabola del Samaritano mette in evidenza, pagina evangelica che, ha sottolineato monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’ ateneo, «ritroviamo nell’ enciclica Fratelli tutti, in quanto paradigmatica della fratellanza universale ». La Lettera è già diventata testo di supporto nel necessario discernimento morale nella terapia e nella cura dei pazienti, affrontando non solo eutanasia e suicidio assistito ma anche cure palliative e ruolo di famiglie e hospice, luoghi questi ultimi – come emerso dai medici intervenuti – nei quali è possibile porre in atto una «personalizzazione delle cure» che, tradotta in un «documento condiviso» da tutti i membri della comunità sanante, favorisce il dialogo tra dottrina e situazioni cliniche particolari.

(Avvenire)